

LA TRAMA
In una calda mattinata estiva del 1975, una ragazza di tredici anni si trova di fronte a una casa che non ha mai visto, con una valigia e una sacca di scarpe come unici compagni. La porta le viene aperta da una giovane che si rivela essere sua sorella, Adriana, che non ha mai conosciuto prima. Scopre così di essere stata “restituita” alla sua famiglia biologica, una realtà povera e numerosa nel cuore dell’Abruzzo. La casa è umile, con spazi condivisi e risorse scarse, un contrasto drastico con la vita agiata e solitaria che ha sempre condotto. Ora, deve adattarsi a condividere il letto con Adriana e a una vita priva di ogni comfort a cui era abituata. Vincenzo, il fratello maggiore, sembra l’unico a capirla, vedendo in lei più di una semplice sorella ritrovata. Tuttavia, la sua prematura scomparsa in un incidente lascia un vuoto incolmabile. Con il tempo, l’Arminuta affronta la dura realtà di chi le ha dato la vita e di chi l’ha abbandonata, cercando di ritrovare la propria identità in un contesto che continua a sentirsi estraneo.
La recensione
Leggere “L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio è stata un’esperienza che mi ha lasciato un segno profondo. Questo libro ha il potere unico di trascinarti completamente nella vita di una giovane ragazza costretta a confrontarsi con una realtà a lei completamente estranea, dopo essere stata “restituita” alla sua famiglia biologica. La storia mi ha fatto riflettere su quanto possono essere fragili le nostre radici e sull’importanza degli affetti familiari.
L’autrice ha un modo di scrivere che considero eccezionale, con una prosa limpida e pungente che penetra direttamente al cuore della questione senza fronzoli. Attraverso le pagine del romanzo, ho seguito la protagonista, la sua discesa in una realtà più dura e grezza, rispetto alla vita idilliaca che credeva fosse sua. Donatella Di Pietrantonio descrive con delicatezza la lotta interiore di “l’Arminuta” nel cercare di trovare il suo posto in questa nuova, vecchia casa. Ogni pagina ha portato con sé un peso emotivo, un misto di empatia e curiosità per il destino di questa ragazza.
«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza».
“– Ma la tua mamma qual è? – mi ha domandato scoraggiata. – Ne ho due. Una è tua madre.”
Il legame che si sviluppa tra l’Arminuta e Adriana è stato, per me, uno dei pilastri emotivi del racconto. Mi ha colpito la loro complicità emergente, un’oasi di affetto in un ambiente altrimenti aspro e a tratti inospitale.
“Ogni sera mi prestava una pianta del piede da tenere sulla guancia. Non avevo altro, in quel buio popolato di fiati.”
La narrazione non risparmia momenti di cruda realtà, ma è proprio questa sincerità senza veli che rende “L’Arminuta” un’opera così potente ed evocativa. Il romanzo non si limita a raccontare una storia di crescita e di resilienza, ma dipinge un quadro vivido della società abruzzese degli anni Settanta, con le sue tradizioni, le sue difficoltà e la sua lingua.
Concludendo, “L’Arminuta” è un libro che consiglio vivamente, non solo per la bravura di Donatella Di Pietrantonio, ma anche per il viaggio emotivo che propone.
Curiosità
Il libro L’Arminuta vince il premio Campiello 2017; nel 2021 è diventato un film diretto dal regista Giuseppe Bonito ed è stato presentato al Festival del Cinema di Roma.
L’ARMINUTA
- di Donatella Di Pietrantonio
- Editore: Einaudi
- Pubblicazione: 2019
- Pagine: 176